Sposati e Separati: Avvenne Tutto in un Anno
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Così iniziava una mail urgente ricevuta questa estate. Me la inviava una ragazza al rientro dalle ferie, con la richiesta di un appuntamento. Nel corso del colloquio mi disse che poco prima delle vacanze aveva deciso di chiedere la separazione coniugale, a circa un anno dal matrimonio.
Era ancora frastornata dalla storia che aveva vissuto: a 28 anni, era arrivata all’apice della sua felicità l’anno scorso, ed era, poi, precipitata nella disperazione in luglio. Matrimonio e separazione tutto nel breve volgere di qualche mese, ed ora si ritrovava con un grande bisogno di aiuto.
Le Coppie che Scoppiano
Il caso di Mara (nome ovviamente convenzionale) non è un caso isolato o atipico. Purtroppo negli ultimi anni il fenomeno delle coppie che scoppiano dopo breve tempo, sta assumendo dimensioni statisticamente rilevanti.
Mara ha avuto una storia abbastanza importante con un ragazzo conosciuto all’inizio dell’Università, dopo storie adolescenziali con altri ragazzi, ma niente di significativo. Mattia l’aveva colpita per la sua sicurezza e la sua intraprendenza. Aveva vissuto con lui una storia affettiva durata ben otto anni e culminata nel matrimonio. Lei figlia di professionisti e lui di imprenditore e madre casalinga. Lei con due fratelli, lui figlio unico. Lui abbandona presto l’Università (economia) per inserirsi nell’azienda paterna con soddisfazione e grinta. Lei, brillante universitaria a biologia.
All’inizio la storia fu molto coinvolgente per entrambi, i mesi dell’innamoramento vissuti con gioia e reciproca attrazione. Si vedevano molto nei primi mesi e poi, man mano che il tempo passava, avevano consolidato una routine fatta di attenzione, passione e reciproco rispetto. Lei era coinvolta dagli impegni dello studio, lui molto preso dall’attività lavorativa, ma avevano una buona vita di relazione: tanti amici, divertimento, e ottimi rapporti con le famiglie.
Lui coccolato dalla madre e con un buon rapporto col padre, nonostante il carattere accentratore del genitore che non lasciava molta autonomia al figlio.
Da tutti erano visti come una coppia assestata, appena potevano stavano insieme, anche se, comunque, ognuno abitava in famiglia.
La loro storia si era sviluppata in un clima abbastanza sereno: di fatto ciascuno conservava le proprie abitudini, lui con gli amici sportivi e di lavoro, lei con le compagne di università e con i fratelli. Si incontravano una sera alla settimana e poi stavano insieme nei week end, che trascorrevano in compagnia degli amici.
Anche le vacanze erano vissute con gli amici o con le famiglie, in grande serenità, senza grossi problemi.
Dopo l’Università Mara fu impegnata nella ricerca di un’attività lavorativa, ma dovette accontentarsi di lavoretti precari in attesa di una sistemazione più professionalmente appagante. Poiché la famiglia assicurava l’autonomia economica, la cosa non costituiva un problema. Mattia aveva raggiunto una buona posizione nell’azienda paterna, ed aveva, col tempo, raggiunto il suo obiettivo manageriale.
Per questo, spronati anche dalle famiglie, decisero di sposarsi e costruire insieme un progetto di vita comune.
Il loro matrimonio fu celebrato prima delle vacanze dell’anno scorso e il loro viaggio di nozze durò un mese. Per Mara, è ancora un ricordo felice.
Al ritorno, la loro vita in comune fu abbastanza serena: le abitudini reciproche continuavano ad essere rispettate. Mara notava, però, che Mattia tutte le sere, prima di rientrare a casa, passava dai genitori non molto lontani e raccontava loro la propria giornata, poi molte volte rientrava con la mamma che veniva invitata a “fermarsi” a cena con loro. Mara, invece, aveva con la sua famiglia un rapporto più autonomo.
Il rapporto di Mattia con la sua famiglia era di frequenza giornaliera con il padre lavorandovi assieme, e di “dipendenza affettiva” con la madre.
Si accorgeva, Mara, che le scelte di Mattia erano prese in accordo con la madre, come aveva sempre fatto durante il fidanzamento, e con lei c’era poco scambio nonostante la convivenza matrimoniale.
Dopo poco più di un mese la madre di Mattia cominciò a parlare di nipotini. Ora che il figlio si era finalmente sposato, si sentiva sola ed ancora giovane, per cui chiedeva al figlio di dargli finalmente il nipotino, no meglio, due: un maschio e una femminuccia.
Non che Mara non volesse un figlio, anzi ne avevano parlato diverse volte. Però aveva il desiderio di affermarsi professionalmente prima della maternità, per cui voleva aspettare ancora un anno o due. L’insistenza della madre spingeva Mattia a soddisfare le aspettative materne, ma Mara era combattuta tra il suo desiderio di maternità e il suo desiderio di un’affermazione professionale che sentiva importante.
I rapporti tra marito e moglie erano ormai finalizzati all’obiettivo della maternità. Per il marito la cosa veniva vissuta senza nessuna implicazione emotiva. Da parte di Mara, invece, la situazione era vissuta con ansia e come una decisione imposta. Così per tre mesi cercarono di concepire ma non vi riuscirono. E verso le festività natalizie la situazione si faceva pesante, un clima di tensione si avvertiva quando si trovavano con la famiglia di Mattia. Ormai anche il suocero voleva i nipotini e, di fatto, il loro comportamento era di colpevolizzazione verso Mara, ritenuta infeconda.
In quei mesi i rapporti della coppia cominciavano ad irrigidirsi. Mara non accettava che Mattia continuasse ad avere un rapporto stretto con la madre e che ne assecondasse i desideri, ponendo lei in secondo piano. Cominciò a sentirsi in ansia, a rifiutare inconsciamente la maternità, a convincersi di essere sterile, a rifiutare i rapporti sessuali con il marito.
Cominciarono quindi litigi importanti, che venivano accentuati dal carattere irascibile del marito che esplodeva quando Mara nominava la madre o faceva notare la dipendenza dalla famiglia. Mattia non comprendeva i bisogni di Mara e non desiderava trascorrere più tempo con la moglie. Mara gli rinfacciava di non avere più l’attenzione e l’amore di prima.
Nel corso di questi scontri, affioravano elementi di insoddisfazione e di diversità sui quali non avevano mai avuto occasione di confrontarsi nel periodo del fidanzamento. Le abitudini che i due coniugi avevano conservato negli anni avevano mascherato le diversità di carattere, i valori e i desideri veri e si accorgevano che per molte cose erano degli “estranei”, che il loro rapporto era in realtà molto superficiale.
La prova vera a cui il matrimonio li stava sottoponendo, non fu vista come un’opportunità per conoscersi a fondo e, finalmente, trovare un’intesa ad un livello superiore e più profondo, accettando reciprocamente di mettersi in gioco.
Mattia considerava Mara la donna della sua vita, ma non riusciva a fare l’unica cosa che avrebbe potuto salvarli: risolvere la dipendenza affettiva dalla madre e dedicarsi alla moglie con rispetto, dedizione, comprensione, amore. No, questo non riusciva a farlo.
Mara un giorno, per caso, incontrò un vecchio compagno di studi, che non vedeva da anni. Andarono a prendere un aperitivo insieme e parlarono per più di un’ora.
Si accorse, Mara, che lui la guardava con uno sguardo “strano”, i suoi occhi erano come pervasi da una luce intensa quando la guardava negli occhi. Salutandolo provò un brivido strano, si sentì addosso quegli occhi, mentre tornava a casa, e si sentì come ormai suo marito non la guardava più: desiderata. Non rivide più il compagno che abitava in un’altra città.
Rientrando a casa, nella casa che per lei era ormai una prigione, in quei giorni prese la decisione: al rientro del marito gli disse che voleva la separazione.
Lui ascoltò in silenzio, poi senza reagire si chiuse in camera e telefonò a sua madre. Il giorno dopo cercarono ognuno un avvocato per avviare la pratica della separazione.
A Mara questo non diede un senso di liberazione, anzi era aumentata la sua sensazione di sconfitta, si chiuse sempre di più in sé stessa. Non volle vedere nessuno e rimase in città per le vacanze estive, sola. Il marito era andato in montagna con i genitori.
E Mara trascorse giorni di silenzio e di depressione. Fino al punto di scrivermi la mail.
La vidi il giorno stesso.
Alla fine del colloquio mi chiese se come psicologo psicoterapeuta potessi aiutarla a capire e mettere ordine nel turbinio di emozioni e pensieri che la rendevano triste, scoraggiata, incredula.
E se la sua sofferenza sarebbe finita, se poteva stare di nuovo bene.
Le risposi che potevo senz’ altro aiutarla ad affrontare la sua situazione.
E che poteva ritrovare il sorriso e la gioia di vivere.
Dott.ssa Giovanna Maria Nastasi Psicologo Psicoterapeuta Padova
Situazioni simili al giorno d’oggi ce ne sono sempre di più, probabilmente siamo figli della società di oggi, a volte superficiale.
Bisogna anche saper affrontare la vita però.
Che tristezza… ho una figlia dell’età della persona dell’articolo e, se devo essere sincera, non vorrei vivesse questa esperienza.
Si è innamorata di una persona sbagliata. Non so come fare, devo aiutarla ma non vorrei interferire con le sue scelte.
Vi chiamerò.